ELEMANIA
Amplificatore - Non linearità
Caratteristica ingresso-uscita di un amplificatore ideale

In generale si definisce caratteristica ingresso-uscita (o transcaratteristica o transfer characteristic in inglese) di un circuito, il grafico che mette in relazione i valori della grandezza di ingresso con quelli della grandezza di uscita. Nel caso di un amplificatore ideale, dato che la relazione fra ingresso (Vin) e uscita (Vu) è lineare:

Vu = A x Vin

ne consegue che il grafico della caratteristica ingresso-uscita è una retta:

La pendenza della retta è tanto maggiore quanto maggiore risulta il valore del guadagno dell'amplificatore A.

Effetti non lineari: compressione di guadagno

Negli amplificatori reali la transcaratteristica non presenta mai un andamento perfettamente lineare, ma risulta sempre più o meno "curvata". Tale fenomeno di curvatura della transcaratteristica è una conseguenza del comportamento non perfettamente lineare dell'amplificatore, cioè del fatto che negli amplificatori reali la relazione fra tensione di uscita e tensione di ingresso non è perfettamente proporzionale:

La figura precedente mostra un andamento tipico della curva caratteristica di un amplificatore reale: si osservi che la curva risulta quasi perfettamente lineare per valori abbastanza piccoli della tensione di ingresso Vin, mentre all'aumentare di Vin essa si allontana sempre più dall'andamento rettilineo.

Osserviamo ancora che, al crescere di Vin , diminuisce la pendenza della curva caratteristica, cioè in pratica si riduce il valore del guadagno A. Questo tipico comportamento non lineare di un amplificatore (detto compressione di guadagno o gain compression) può dunque essere interpretato come una riduzione progressiva del guadagno al crescere dell'ampiezza del segnale di ingresso.

La compressione di guadagno altera la forma d'onda del segnale di uscita. Supponiamo infatti per semplicità di avere un amplificatore con A = 100 e di fornirgli in ingresso un segnale ad onda triangolare con valore minimo 0 V e valore massimo 30 mV. Se l’amplificatore fosse perfettamente lineare, tutti i punti dell’onda triangolare verrebbero amplificati 100 volte e di conseguenza in uscita si avrebbe ancora un’onda triangolare con valori compresi fra 0 V e 3 V. Tuttavia, a causa dell’effetto di non linearità dovuto al coefficiente di distorsione, l’amplificazione reale è diversa per i diversi punti dell’onda triangolare: in particolare i valori più alti della tensione di ingresso vengono amplificati meno di quelli più bassi. Il risultato è mostrato nella figura seguente:

Questa distorsione del segnale di ingresso viene detta distorsione di ampiezza, appunto per il fatto che risulta tanto maggiore quanto maggiore è l'ampiezza del segnale di ingresso.

Effetti non lineari: clipping

Un caso estremo di distorsione di ampiezza si presenta in alcuni amplificatori (fra i quali, in particolare, quelli basati sull'operazionale) nei quali la transcaratteristica presenta una separazione netta fra la zona lineare e quella non lineare (detta anche di saturazione, da non confondere però con l'omonima saturazione del BJT):

Come si può notare dalla figura qui sopra, in questi amplificatori la curva caratteristica diventa bruscamente piatta al di fuori della zona lineare. Ciò significa che in tali condizioni la tensione di uscita assume un valore costante, indipendentemente dal valore del segnale di ingresso.

La conseguente distorsione sul segnale di uscita è detta clipping e si manifesta come un tipico "taglio" dei valori più elevati del segnale:

 

Misura della distorsione in un amplificatore

Per misurare la distorsione in un amplificatore si utilizza spesso una proprietà fondamentale dei sistemi lineari, i quali rispondono a un ingresso sinusoidale con un'uscita sempre sinusoidale e isofrequenziale con il segnale di ingresso. In altre parole, un circuito perfettamente lineare risponde a una sinusoide di ingresso con una sinusoide in uscita e la sinusoide in uscita ha la stessa identica frequenza di quella applicata in ingresso.

Se il sistema manifesta comportamenti non lineari, oltre alla sinusoide isofrequenziale con l'ingresso (prima armonica o armonica fondamentale) ne vengono prodotte altre, solitamente di ampiezza minore, aventi frequenza multipla della fondamentale. Tali sinusoidi (armoniche) aggiuntive producono una distorsione sul segnale sinusoidale di uscita, distorsione che però risulta più evidente se tale segnale viene rappresentato per mezzo del suo spettro. Infatti nel caso ideale lo spettro di uscita dovrebbe contenere una sola riga (corrispondente all'armonica fondamentale), mentre in presenza di distorsione il numero di righe aumenta:

Misurando l'ampiezza delle armoniche aggiuntive è possibile valutare il grado di linearità del circuito e dunque anche fornire una misura quantitativa della sua distorsione in ampiezza.

In teoria la distorsione armonica totale (THD o total harmonic distortion) prevede la misura delle ampiezze dell'armonica fondamentale V1 di tutte le altre armoniche V2, V3, ..., Vn e quindi il calcolo del seguente rapporto:

Più basso è il valore di THD, minore risulta la distorsione armonica (idealmente si dovrebbe avere THD=0, valore che corrisponde a un amplificatore perfettamente lineare). In pratica si misurano spesso semplicemente le distorsioni di seconda e di terza armonica (quelle che hanno generalmente l'ampiezza maggiore).

La quantità di distorsione armonica presente sull'uscita di un amplificatore dipende in generale da molti fattori, fra i quali anzitutto l'ampiezza del segnale applicato in ingresso: infatti al crescere dell'ampiezza dell'ingresso cresce anche l'ampiezza della distorsione. Anche la frequenza, il valore resistivo del carico e la tensione di alimentazione dell'amplificatore possono influire sull'entità della distorsione. Per tutte queste ragioni il valore della distorsione armonica ha senso solo se si specificano dettagliatamente le condizioni in cui è stata condotta la misura.

 

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